DICHIARAZIONE POLETTI. FGC: « QUESTA È L’UNIVERSITÀ PER FUTURI PRECARI CHE HANNO COSTRUITO»
«Le dichiarazioni di Poletti sono vergognose, ma non ci stupiscono più di tanto, perché non fanno altro che confermare la degenerazione dell’istruzione universitaria degli ultimi decenni, che è il risultato di precise scelte politiche» – questo il commento di Paolo Spena, resp. scuola e università FGC, sulla dichiarazione del Ministro del Lavoro Poletti al “Job&Orienta” di Verona. «Non è un mistero che nell’università di oggi, con un percorso di studi concepito come un investimento economico sul proprio futuro e un modello basato sul “3+2” e sui crediti formativi, la valutazione e dunque le conoscenze acquisite contino sempre meno. Peccato però che quando Poletti parla di “entrare il prima possibile nel mercato del lavoro” non dice che si tratta di un mondo del lavoro precario.»
«Seguire il consiglio di Poletti – spiega infatti la nota – significa inseguire un miraggio, perché si tratta di una corsa in cui chi arriva primo è più precario degli altri. Un grande favore a chi vuole una dequalificazione crescente del lavoro e chiede lavoratori con sempre meno diritti e tutele, per abbattere il costo del lavoro e garantire ai padroni maggiori profitti. Non conta certo l’età che si ha al momento dell’entrata nel mercato del lavoro, ma al contrario sono proprio le maggiori competenze a garantire una maggiore forza contrattuale, seppur temporanea e insufficiente. Né in questo caso è rilevante che i giovani europei escano prima dall’università, perché la precarietà è una legge che vale per tutti.»
«È chiaro che non ci basta un 110 e lode per accontentarci» – conclude Spena -«semplicemente perché non basta a salvare uno studente dalla precarietà, figuriamoci un’intera generazione. Un Ministro del Lavoro serio, piuttosto che consigliare ai giovani di finire l’università in fretta e furia pur di buttarsi nella mischia, dovrebbe affrontare seriamente questo problema e puntare a garantire un lavoro a tutti, laureati o meno. Se al contrario si incentiva la precarietà (si pensi al Jobs Act) è perché questa è, assieme alla disoccupazione, l’elemento che più di tutti assicura l’abbattimento dei costi del lavoro e garantisce margini di profitto ai padroni. Non provino a raccontarci che saremo disoccupati o precari a causa della nostra permanenza in università. Questa può essere soltanto la giustificazione addotta da un governo che sta sacrificando il futuro della gioventù dinanzi agli interessi delle grandi imprese e dei monopoli europei.»