DDL 1660. RISPONDIAMO ALL’ATTACCO REPRESSIVO E DI CLASSE DEL GOVERNO MELONI CON LA LOTTA. Comunicato della Segreteria Nazionale del FGC

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Il DDL Sicurezza rappresenta un salto di qualità dal punto di vista repressivo, da non sottovalutare. Il Governo, dopo aver approvato in prima battuta alla Camera dei deputati lo scorso settembre il Decreto Legge 1660, si prepara ad avanzare come un treno da una parte contro le lotte dei lavoratori e sociali, e dall’altra, in termini propagandistici, per gestire col pugno di ferro le contraddizioni sociali prodotte da questo sistema in putrefazione. I contenuti di questo provvedimento sono molto pericolosi e ne riportiamo quelli più significativi. In particolare, si attaccano i lavoratori rendendo il blocco stradale reato penale con condanne fino a 2 anni di carcere e istituendo il cosiddetto reato di resistenza passiva – formula per colpire direttamente gli scioperi -, dando prefigurando pene fino a 4 anni; nel contesto invece della resistenza attiva si arriva fino a 15 anni di carcere.

In secondo luogo, si colpisce, con il pretesto del terrorismo, la propaganda delle lotte, rendendo imputabili gli indagati anche solo se trovati in possesso di documenti considerati “compromettenti”, con condanne fino a 6 anni di carcere.

In terzo luogo, vengono comminate pene fino a 7 anni per chi occupa una casa sfitta o addirittura solidarizza con le occupazioni. E ancora, le proteste in carcere o nei Cpr possono essere punite col carcere fino a 20 anni, medesima pena prevista per chi lotta contro le grandi opere, e viene istituito anche il carcere per le madri incinte o con figli di età inferiore a un anno. Agli immigrati senza permesso di soggiorno si vieta finanche l’uso del cellulare, vincolando l’acquisto della SIM al possesso di questo documento.

In ultimo, viene istituita la facoltà per le forze dell’ordine di detenere una seconda arma personale al di fuori di quella d’ordinanza, portabile con sé anche se non in servizio.

La spirale reazionaria in cui ci sta precipitando il Governo è il momentaneo culmine di un processo in atto da ben prima della presentazione del DDL 1660. Dal Decreto Rave al Decreto Caivano fin da subito è emersa la natura di un esecutivo pronto a governare le contraddizioni sociali attraverso il pugno duro. Abbiamo assistito a questo atteggiamento durante questi anni, a partire dalle violenze della polizia nei confronti del movimento studentesco quando 200.000 studenti scesero in piazza contro i morti in alternanza. Lo abbiamo vissuto davanti ai cancelli della logistica dove facchini e drivers in sciopero subivano aggressioni squadriste da parte di aziende di sicurezza privata al soldo dei padroni e forze dell’ordine. Lo sperimentano quotidianamente le famiglie operaie sotto sfratto che non possono permettersi di pagare un affitto a causa di disoccupazione e bassi salari. In particolare, in un contesto in cui si acuiscono le contraddizioni inter-imperialistiche, le manifestazioni per la Palestina e il movimento di sostegno che si è generato è stato vittima in prima fila di questo processo, come dimostra, in ultima istanza, la pesante repressione a cui abbiamo assistito in occasione della manifestazione del 5 ottobre a Roma.

Il Governo Meloni, con questo decreto-legge, cerca di sferrare un attacco spregiudicato nei confronti di chi lotta, in particolare contro il diritto di sciopero e di protesta dei lavoratori. È evidente, nonostante la trasversalità di queste misure, che vi è un occhio particolare per le proteste dei lavoratori, in particolare quelli della logistica, citati apertamente, assieme al SI Cobas, dal ministro Piantedosi in una delle ultime interrogazioni parlamentari. L’istituzione della resistenza passiva e il rafforzamento del reato di blocco stradale puntano proprio a colpire con la paura e con pene dure quei lavoratori che, in particolare negli ultimi anni, hanno dimostrato di poter fermare la produzione e la circolazione delle merci, oltre che il traffico di armi nei porti. Un attacco di classe chiaro e diretto soprattutto verso chi mette in discussione con maggiore forza e combattività gli attuali rapporti di produzione colpendo i profitti dei capitalisti.

L’ipocrisia delle forze politiche all’opposizione non si ferma neanche in questo caso. Dalle dichiarazioni della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, degli esponenti del centrosinistra e di Conte la prima preoccupazione che traspare è relativa all’impatto che questo decreto avrà sui gruppi imprenditoriali legati al commercio della “cannabis legale”, mostrando ancora una volta la distanza con il popolo e i lavoratori. Le forze politiche, che oggi si pongono a parole contro questo decreto, sono le stesse che negli scorsi anni si sono rese corresponsabili dell’acuirsi dell’attacco repressivo dello stato borghese, a partire dall’approvazione dei Decreti Minniti targati PD e dei Decreti Sicurezza a firma 5Stelle-Lega, che hanno istituito reati come quello di blocco stradale per colpire innanzitutto i lavoratori in lotta, o che hanno rafforzato il regime di detenzione dei CPR. Decreti il cui impianto è stato mantenuto complessivamente in piedi anche dai governi di centro sinistra formatisi dopo la caduta dell’esecutivo a guida Movimento 5 Stelle e Lega. Oggi, provando a rifarsi una verginità politica e a macinare consenso elettorale, nascondono queste stesse responsabilità e provano a presentarsi con una nuova faccia nei confronti di quegli strati sociali che per primi sono stati colpiti dalle loro leggi.

In questo contesto, sosteniamo e promuoviamo lo sciopero generale del 18 Ottobre indetto dal SI Cobas e le manifestazioni del 19 Ottobre contro il DDL 1660. Ci rendiamo conto che, a maggior ragione adesso, l’arretramento del movimento operaio e della sinistra di classe impone a tutte le realtà di lotta un cambio di passo. Proprio perché questo attacco è generalizzato e – nonostante colpisca le realtà di lotta in maniera trasversale – colpisce in particolar modo il movimento operaio, occorre che soprattutto sul fronte del sindacalismo di base e conflittuale e delle mobilitazioni si eserciti la massima unità d’azione. Per difendere i diritti, in particolare quello di sciopero, bisogna praticarli. Non si può combattere questo decreto semplicemente con una battaglia d’opinione: quando i margini di agibilità politica e gli spazi democratici si restringono possono essere difesi solo dalle lotte che esistono e possono svilupparsi nel movimento reale, a partire da quello dei lavoratori. E queste lotte devono scorrere in un unico fiume, che possa fare da argine alle mire di pacificazione sociale di governo e padroni.

L’acuirsi dell’attacco repressivo e di classe del governo impone l’urgenza della ricostruzione del partito rivoluzionario della classe operaia in Italia, del fattore soggettivo che organizzi la risposta non solo a questo ennesimo tentativo di colpire i lavoratori e le sue avanguardie, ma complessivamente ad un sistema fatto di morte e sfruttamento, che antepone i profitti di pochi al benessere di tutti. Siamo in prima fila per sostenere questa prospettiva e per gettare la basi affinchè si sviluppi.