Risoluzione del Comitato Centrale del FGC del 24 Novembre 2024
PARTE PRIMA.
LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE E ITALIANA
1. Il mondo scivola sul piano inclinato della guerra imperialista. A due anni e nove mesi dall’escalation di guerra in Ucraina, e a poco più di un anno dall’inizio del massacro nella striscia di Gaza ad opera di Israele, viviamo in un mondo in cui la guerra è rapidamente tornata nella quotidianità di milioni di persone e al centro del dibattito politico di tutti i paesi, Italia compresa.
In questo contesto, mentre i media e la propaganda di guerra cercano di occultare il reale carattere del conflitto militare in corso, ribadiamo che l’escalation bellica, la corsa agli armamenti e il crescente militarismo in tutto il mondo sono il prodotto delle contraddizioni intrinseche al sistema capitalistico. La guerra imperialista “a pezzi” che oggi avviene nei numerosi conflitti regionali è l’espressione sul piano militare della competizione tra le classi borghesi, le potenze capitalistiche e i loro monopoli finanziari per il controllo dei mercati e delle quote di mercato, delle risorse naturali, delle rotte commerciali e di approvvigionamento energetico, dei territori e delle sfere di influenza e, in definitiva, per la supremazia nel sistema imperialista internazionale.
La vittoria elettorale di Donald Trump alle elezioni statunitensi, che alcuni settori dei media e delle forze politiche presentano ingenuamente come una possibile opportunità per la pace, va letta alla luce della strategia complessiva degli USA e dei settori economici che hanno sostenuto con più forza la campagna elettorale del Partito Repubblicano. A ben vedere, la promessa di Trump di mettere fine al conflitto in Ucraina, ribadita costantemente in campagna elettorale, non è affatto in contraddizione con l’indirizzo strategico che individua come prioritaria la competizione con la Cina, con uno spostamento del baricentro nella regione dell’Asia-Pacifico. Questa strategia è stata pubblicamente annunciata già negli anni dell’amministrazione Obama, con la locuzione del “Pivot to Asia”, ed è stata portata avanti anche negli anni dell’amministrazione Biden, durante i quali gli USA hanno promosso la nascita di nuove alleanze imperialiste come l’AUKUS e il QUAD.
Non esiste pace imperialista che possa essere una pace “giusta”. La prospettiva di un possibile accordo di pace con la Russia si sviluppa non in nome della pace, ma delle strategie di competizione con la Cina e, potenzialmente, della preparazione a nuovi scenari di conflitto. A tal proposito, è significativo l’impatto che questa prospettiva sta già avendo sugli scenari di guerra in corso. Il rischio concreto di una pressione USA per la trattativa con Mosca e la prospettiva del taglio al sostegno militare all’Ucraina sta alimentando in queste settimane una spinta crescente per l’inasprimento del conflitto, con offensive militari incrociate che hanno l’obiettivo di preparare le condizioni per le future trattative. In questo contesto, l’Ucraina ha ricevuto dagli USA l’autorizzazione a colpire il territorio russo con i missili di fornitura nordamericana.
Nel frattempo, in Medio Oriente, Israele ha esteso il conflitto portandolo nel territorio libanese, con bombardamenti criminali che hanno bersagliato persino le basi della missione ONU nel Paese, con attacchi terroristici e operazioni volte all’assassinio di leader politici che hanno colpito duramente la direzione politica di organizzazioni della resistenza palestinese, a partire da Hamas, e di Hezbollah. Lo scontro si è reso diretto anche con l’Iran, principale contendente regionale di Israele, attraverso il lancio di missili balistici e droni.
L’imminente insediamento di Donald Trump al vertice dell’amministrazione USA rischia di portare a un ulteriore rafforzamento delle posizioni di Israele nella regione, che ad oggi risulta poco intaccato tanto dai mandati di arresto della Corte Penale Internazionale, quanto dai pronunciamenti dell’ONU o da quelli – ipocriti – dell’UE e dei governi europei che a parole si dichiarano a favore della nascita di uno Stato palestinese, mentre proseguono la cooperazione militare ed economica con Israele sostenendo di fatto il genocidio in corso. La realtà dei fatti è che la politica di Israele ha il chiaro obiettivo di cancellare la soluzione dei due Stati e mettere il mondo dinanzi al fatto compiuto dell’occupazione militare dei territori palestinesi. Già nel 2017 l’amministrazione Trump si caratterizzò per una enorme provocazione, cioè il riconoscimento di Gerusalemme come capitale di Israele. Con la nuova amministrazione, esiste la possibilità concreta che Israele sia lasciato ancor più “a briglia sciolta”, cioè che la politica degli USA si muova in favore di un sostegno ancor più sfacciato allo Stato di Israele, e che parte del prezzo che si chiederà alla Russia per un accordo di pace stia proprio nel fare un passo indietro nel sostegno alle forze palestinesi, con l’obiettivo di schiacciarne per sempre la possibilità di resistere.
Il governo Meloni, che si caratterizza come uno dei più fedeli alleati degli USA e della NATO in tutta l’Europa, conferma in questo tutto il suo carattere reazionario, con esponenti del governo che già dichiarano che l’Italia continuerà a sostenere lo Stato di Israele e non darà seguito alla sentenza della Corte Penale Internazionale che imporrebbe l’arresto di Benjamin Netanyahu in caso di una sua visita in Italia.
2. Vengono al pettine i nodi del governo Meloni. La favola del governo della “sovranità”, che si presentava come alternativo al governo Draghi e alle politiche antipopolari del passato, si schianta su una legge di bilancio lacrime e sangue mentre la propaganda sui presunti “record” conseguiti viene smentita dalla realtà quotidiana di milioni di lavoratori e giovani in tutto il paese. A fronte dei dati sulla disoccupazione che restano invariati, l’occupazione viene gonfiata nelle statistiche da centinaia di migliaia di contratti precari e part-time. Nel 2023 erano in povertà assoluta 2,2 milioni di famiglie, cioè l’8,4%, di cui 748mila con minori (il dato più alto dal 2014).
La legge di bilancio, che prevede valori di “crescita economica” prossimi allo zero, porta l’Italia verso una nuova “austerity”, con tagli cospicui a fondi e finanziamenti a sanità e istruzione, politiche fiscali che andranno a pesare sui lavoratori per altri 15 miliardi mentre verranno effettuati condoni e tagli per i padroni, indirizzi per rinnovi contrattuali da parte delle associazioni datoriali – sostenute dal governo – che non coprono in alcuna maniera l’inflazione (+17,3% in due anni). Una manovra tutta per i padroni atta a reindirizzare i fondi da sanità, istruzione e salari a favore della guerra e delle spese militari, che comporta ulteriori “sacrifici” per i lavoratori ed il popolo in nome della stabilità voluta dal governo e dall’Unione Europea. Finita l’epoca delle “vacche grasse” con l’iniezione di centinaia di miliardi di euro attraverso il PNRR, sta arrivando l’ora delle “vacche magre” in cui i lavoratori e gli strati popolari saranno chiamati a pagare l’ennesima crisi.
In questo contesto è più facile leggere l’approvazione del DDL Sicurezza 1660. Il Governo Meloni, con questo decreto-legge, cerca di sferrare un attacco spregiudicato nei confronti di chi lotta, in particolare contro il diritto di sciopero e di protesta dei lavoratori, istituendo un intero catalogo di nuovi reati e rafforzando gli strumenti legislativi atti ad arginare lo scoppio di future e significative mobilitazioni.
3. Le elezioni regionali di ottobre e novembre confermano l’enorme rassegnazione e sfiducia popolare nei confronti del sistema politico e dei partiti borghesi. Il dato più chiaro è il calo di affluenza. In Emilia-Romagna il calo è drastico (dal 68% al 46% dei votanti) dopo un anno segnato dalle alluvioni e dalla gestione disastrosa dei soccorsi e dell’emergenza, tanto a livello nazionale quanto dell’amministrazione di centro-sinistra. Analogo il risultato in Umbria e Liguria, dove si passa rispettivamente dal 65% al 52% e dal 53% al 46%.
I risultati in Umbria e in Emilia-Romagna rafforzano la costruzione del cosiddetto il “campo largo” del centro-sinistra, che vede la “Alleanza Verdi-Sinistra” e il Movimento Cinque Stelle – quest’ultimo, aderente al gruppo europeo “The Left” erede del GUE-NGL al parlamento europeo – come stabili alleati del Partito Democratico. Dalla politica nazionale a quella locale, tanto l’avanzata di AVS quanto il famigerato “spostamento a sinistra” del Movimento Cinque Stelle avvengono nel nome della assoluta disponibilità di queste forze a compartecipare alla gestione capitalistica.
Il rafforzamento politico del “campo largo” del centro-sinistra conferma la necessità, che già riaffermammo all’indomani dell’insediamento del governo Meloni nell’autunno 2022, di sviluppare una profonda lotta politico-ideologica contro il ritorno delle vecchie illusioni socialdemocratiche sulla possibilità di governare il capitalismo in favore del popolo e dei lavoratori, che oggi vengono riproposte con più forza alle nuove generazioni in nome di un generico “progressismo” che si presenta come l’antitesi al nazionalismo, quando in realtà sono entrambi orientamenti che mantengono il popolo e i lavoratori tra le maglie di questo sistema marcio.
Solo sul terreno della totale alternatività al centro-sinistra, al PD e ai suoi alleati si può oggi costruire una reale opposizione al governo Meloni e alle sue politiche nazionaliste e reazionarie.
PARTE SECONDA.
LA RICOSTRUZIONE COMUNISTA IN ITALIA
4. La necessità di un partito comunista e l’urgenza di un processo di ricostruzione comunista sono sempre più evidenti. L’assenza di una lista comunista alle ultime elezioni europee e i risultati totalmente residuali delle liste della sinistra “radicale” alle recenti elezioni regionali sono solo la fotografia della crisi del movimento comunista in Italia, che lungi dall’essere solo relativa al consenso elettorale è il prodotto dell’inadeguatezza politica, ideologica e organizzativa delle strutture esistenti.
Continuare a fare le stesse cose attendendosi risultati diversi è diabolico. Questa considerazione vale tanto per chi pensa di saltare di elezione in elezione ottenendo come unico risultato quello di fotografare pubblicamente la marginalità dei comunisti nell’Italia di oggi, quanto per chi continua a inseguire illusioni rispetto alla costruzione di soggetti politici di altra natura.
Complessivamente, se il problema è sotto gli occhi di tutti e nessuno lo nega, ad essere del tutto inadeguata è la risposta che le strutture esistenti cercano di dare alla necessità di rimettere in cammino una proposta comunista in Italia.
A titolo di esempio, Rifondazione Comunista va verso un 12° Congresso in cui si discuterà se essere parte del “campo largo” del centro-sinistra – opzione sostenuta dalla maggioranza dell’attuale gruppo dirigente – o se riproporre fuori tempo massimo la costruzione di un carrozzone di sinistra “alternativa” avendo come riferimento i partiti della Sinistra Europea. Altre forze, ancor più residuali, lanciano in forma isolata nuovi partiti o percorsi che sembrano avere più lo scopo di galvanizzare i propri militanti che di risolvere seriamente il problema di un processo di ricomposizione.
In questo difficile scenario, riaffermiamo l’indirizzo già assunto dal FGC, che individua l’obiettivo strategico della preparazione di un percorso di discussione e di ricomposizione che si ponga seriamente il problema del raggruppamento in partito delle avanguardie rivoluzionarie, della centralizzazione delle forze che oggi sono frammentate, attorno a un programma rivoluzionario di lotta per il socialismo, con l’obiettivo di costruire un partito comunista serio, moderno, organizzato, all’altezza dei tempi e delle condizioni del 21° secolo.
5. Proseguiamo lo sforzo per la ricostruzione comunista nel solco del 30 giugno. In quest’ottica, valutando positivamente gli esiti dell’iniziativa nazionale dello scorso 30 giugno lanciata con lo slogan “Il fuoco non si è spento”, il Comitato Centrale dà mandato alla Segreteria Nazionale del FGC di intensificare, assieme agli organismi dirigenti del Fronte Comunista, gli sforzi per rafforzare le relazioni bilaterali e multilaterali con tutte quelle organizzazioni italiane che già hanno annunciato la propria disponibilità a lanciare assieme un percorso di ricostruzione comunista. Come ci conferma lo stato delle discussioni già in corso, questa fase è la fase della chiarificazione ideologica necessaria e preliminare a lanciare assieme un percorso di ricostruzione comunista che riesca a stare in piedi. Si tratta di organizzare e far avanzare il dibattito aperto e franco, intensificare i momenti di dibattito – anche pubblici – mantenendo vivo lo spirito del 30 giugno, gettando le premesse per muovere un ulteriore passo avanti.
6. Il 18° Incontro delle Organizzazioni Giovanili Comuniste Europee (MECYO) è un importante risultato che rafforza la prospettiva dei comunisti in Italia. Il CC valuta positivamente l’organizzazione e gli esiti del 18° MECYO, che si è tenuto a Roma tra l’8 e il 10 novembre 2024 con lo slogan: “Gioventù d’Europa, insorgi contro la guerra imperialista e lo sfruttamento capitalistico. Lottiamo uniti tenendo alta la bandiera dell’Ottobre, per la nuova società, per il socialismo”. Per la seconda volta, l’incontro è stato ospitato in Italia dal FGC, che aveva già ospitato il 12° incontro nel 2016.
La partecipazione di ben 19 organizzazioni da tutta Europa a questa diciottesima edizione conferma la vitalità dell’incontro, che è ormai un riferimento consolidato delle gioventù comuniste di tutto il continente ed è uno strumento prezioso per rafforzare la lotta comune, lo scambio di informazioni, il dibattito e il confronto di idee tra le organizzazioni giovanili.
Nonostante gli sforzi, tuttavia, le divergenze politiche e strategiche esistenti, principalmente sul tema della lotta alla guerra imperialista, non hanno reso possibile una dichiarazione comune unitaria. Tuttavia, gli esiti della discussione, che hanno permesso infine una dichiarazione congiunta di 17 organizzazioni (di cui 16 partecipanti all’incontro), dimostrano che esiste uno spazio per rafforzare le relazioni, lo scambio e l’azione comune tra le gioventù comuniste nel continente.
L’autorevolezza conquistata dal FGC nel movimento comunista internazionale giovanile è una risorsa importante, che abbiamo il dovere di valorizzare per agevolare, in Italia, il processo di ricostruzione comunista, con l’obiettivo di contribuire alla costruzione di un partito che sia parte attiva e vitale degli sforzi per il raggruppamento di un polo rivoluzionario all’interno del movimento comunista internazionale.
7. Il CC apre ufficialmente la fase preparatoria della I Conferenza di Organizzazione del FGC, che concepiamo come un momento ormai irrinunciabile e necessario, anche per rafforzare la nostra capacità di mettere le nostre energie al servizio della ricostruzione comunista in modo pianificato e organizzato.
Dopo 12 anni di esistenza, siamo oggi un’organizzazione molto più matura e consapevole, capace di porsi compiti e obiettivi molto più elevati, se comparati al passato. È necessario oggi rafforzare la capacità organizzativa e l’organizzazione interna del FGC, traendo un bilancio del lavoro svolto in questi anni. Sarà compito della Conferenza di Organizzazione discutere di come rafforzare la direzione politica dell’organizzazione, la discussione interna a tutti i livelli, includendo l’organizzazione, l’unificazione e la centralizzazione della discussione, dai livelli centrali a quelli periferici dell’organizzazione.
Allo stesso tempo si dovranno Individuare gli indirizzi di lavoro per il rafforzamento operativo del FGC, attraverso il rafforzamento economico e una politica dei quadri che liberi energie per il processo della ricostruzione comunista.
PARTE TERZA.
RILANCIARE LA MOBILITAZIONE CONTRO IL GOVERNO E LA GUERRA
8. Il FGC sostiene e promuove lo sciopero generale del 29 novembre.
Valutiamo positivamente la convocazione dello sciopero generale da parte di CGIL e UIL e l’adesione a questo della quasi totalità del sindacalismo di base e conflittuale, anche se con una piattaforma diversa. Questa data di lotta cade in un contesto di effervescenza non scontata di diversi settori del mondo del lavoro, che negli scorsi mesi hanno scioperato a più riprese, dai ferrovieri, ai metalmeccanici, passando per logistica, pubblico impiego, sanità e scuola. Lo svilupparsi in maniera diffusa di mobilitazioni e scioperi dei lavoratori – anche se su questioni, in molti casi, prettamente economiche e categoriali – è un dato che dobbiamo saper cogliere come comunisti, contribuendo in prima fila a rafforzare le lotte e ad unirle in un orientamento anticapitalista, contro tutti i padroni e le politiche generali del governo Meloni.
Questo sviluppo non cancella la natura dei sindacati confederali e delle scelte che operano, le quali sono perfettamente compatibili col ruolo che ricoprono nel contesto politico ed economico italiano. A maggior ragione, non cancellano le responsabilità di convocazione di una data di sciopero significativa così tardi rispetto a delle agitazioni che esistevano da mesi in settori strategici e che rendono più difficoltoso massimizzare la partecipazione dei lavoratori. Tutto ciò non cancella l’importanza della presenza in prima fila dei comunisti a questa mobilitazione.
La scelta di alcuni settori politici, che orientano direttamente segmenti del sindacalismo di base, di non partecipare alla data di sciopero del 29 è un’occasione persa. Riteniamo che in questo contesto, proprio perché comprendiamo la natura e il ruolo delle dirigenze confederali, occorra ancora di più rendere visibile un’alternativa, combattiva e coerente, non solo politica ma anche sindacale. Agire in questa maniera significa porsi l’obiettivo di contendersi le masse di lavoratori che ancora oggi operano nei recinti del sindacalismo confederale e non farsi illusioni circa la natura di quest’ultimo.
9. Il FGC aderisce e rilancia la più ampia partecipazione alla mobilitazione nazionale per la Palestina del 30 novembre a Roma con partenza alle ore 14 da Piazza Vittorio. Valutiamo positivo il fatto che si sia trovata una sintesi rispetto alla necessità di una mobilitazione unitaria che, con l’intento di rafforzare la causa della lotta contro la complicità del governo Meloni nel genocidio in corso in Medio Oriente, metta tutte le forze in condizione di organizzare e costruire la massima adesione possibile a questa mobilitazione.
Non riteniamo che le divergenze politiche esistenti, tanto tra le forze palestinesi quanto tra quelle italiane, siano di poco conto o da nascondere sotto il tappeto. La vicenda dello scorso 5 ottobre, che hanno visto la scelta di alcuni settori di convocare una manifestazione separata in seguito alla decisione del Ministero dell’Interno di vietare la manifestazione per la Palestina prevista in quella giornata, è stata un esempio lampante delle divergenze esistenti. Riteniamo fondate e tutt’altro che banali le preoccupazioni per i legami con settori del centro-sinistra, o i tentativi di appiattire le mobilitazioni sulle posizioni che oggi vengono espresse dalle forze al vertice dell’Autorità Nazionale Palestinese.
Tuttavia, anche dinanzi alle crescenti provocazioni e azioni repressive contro il movimento di solidarietà alla Palestina – non ultimi, il foglio di via a Mohamed Hannoun, presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia -, riteniamo importante non dividere il fronte di lotta.
In questo contesto, il FGC continuerà a mobilitarsi contro la compartecipazione del governo italiano alle guerre imperialiste, contro l’invio di armi e il sostegno al regime ucraino; contro la corsa agli armamenti e i piani imperialisti di USA-UE-NATO e della nostra borghesia; per l’uscita dell’Italia dalla NATO e la chiusura delle basi militari USA e NATO sul territorio italiano; per la fine del massacro e dei crimini di genocidio in Palestina, per la nascita e il riconoscimento di uno Stato di Palestina indipendente e sovrano nei confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale, per lo smantellamento delle colonie e del regime di apartheid nei territori palestinesi occupati, il diritto al ritorno dei profughi palestinesi e la liberazione dei prigionieri politici.
10. La mobilitazione studentesca del 15 novembre è stata un segnale importante di lotta contro il governo, nonostante la difficile condizione in cui operiamo e in controtendenza con il clima generale di smobilitazione e di rassegnazione nelle scuole, che non sono slegati dai limiti generali del movimento operaio nel nostro paese. Nel suo piccolo, è stata un sussulto di vitalità dopo l’approvazione della riforma Valditara che prevede il rafforzamento dei PCTO, dei poli scolastici-industriali e degli Istituti Tecnici Superiori, con il fine di una sempre maggiore integrazione tra il sistema di istruzione e le aziende capitalistiche.
Gli attacchi dei media nazionali e del governo alle manifestazioni studentesche, le polemiche montate ad arte circa i “violenti” e “facinorosi”, del tutto ingiustificate anche a fronte della reale entità degli avvenimenti in piazza, dimostrano che il governo italiano è ben consapevole delle potenzialità sopite del movimento studentesco in Italia, che meno di tre anni fa, all’inizio del 2022, fu capace di reagire con un grande movimento di massa contro il governo Draghi dopo le morti in alternanza scuola-lavoro.
Senza forzature a freddo sulle date di mobilitazione, riteniamo importante che il FGC prosegua il proprio lavoro quotidiano nelle scuole, al fianco degli studenti, per far avanzare le posizioni della mobilitazione del 15 novembre, promuovere tra i giovani studenti e studentesse le parole d’ordine contro la guerra imperialista, contro il governo Meloni e contro la scuola di classe; promuovere l’adesione studentesca alle giornate di mobilitazione generale al fianco del movimento di classe; rafforzare il proselitismo e il reclutamento nel FGC degli elementi più coscienti e vitali del movimento studentesco nelle scuole.
11. È necessario rilanciare la mobilitazione generale contro il governo e la guerra, per costruire una vera opposizione. Resta attuale questo indirizzo, individuato all’indomani dell’insediamento del governo Meloni e nel solco del quale abbiamo lavorato in questi anni.
Il movimento operaio e di classe in Italia sconta oggi dei grandi limiti, aggravati dalla frammentazione delle sigle sindacali e politiche, che stanno depotenziando non poco la capacità di sviluppare una vera mobilitazione di massa contro il governo Meloni. Tuttavia, il principale problema continua ad essere l’assenza di una riconoscibilità politica legata ai processi di mobilitazione contro il governo.
In questo senso, riteniamo che lo spirito che ha animato gli sforzi degli scorsi anni affinché si convergesse nella costruzione di mobilitazioni di classe unitarie meriti di essere tenuto vivo. Questo, non solo per le urgenze contingenti, ma perchè è solo sul terreno del movimento reale che il confronto politico-ideologico tra le diverse opzioni esistenti a sinistra può produrre avanzamenti effettivi anche sul piano del raggruppamento in partito delle avanguardie di classe, tenendo aperta la prospettiva della costruzione di un’opposizione politica “terza” rispetto al centro-sinistra e alle opzioni oggi esistenti nell’arco parlamentare dei partiti borghesi.
La sfida che abbiamo davanti è quella di far vivere, anche sul terreno della mobilitazione di massa contro il governo Meloni e la guerra imperialista, la nostra proposta di raggruppamento per la ricostruzione di un forte partito comunista in Italia, come unica alternativa alla rassegnazione e alla subalternità politica alle forze del centro-sinistra e del capitale.
Questa è la via per avanzare oggi e tornare a vincere.
Roma, 24 novembre 2024