La disperazione produce la rabbia. La coscienza l’organizzazione e la vittoria.
Non sappiamo forse non sapremo mai tutto ciò che c’è da conoscere su quanto accaduto oggi a Palazzo Chigi. I media puntano da subito a dipingere l’uomo che ha sparato come un malato mentale, un “pazzo”, uno “squilibrato”. Non crediamo in questa versione iniziale, chiaramente improntata ad una strategia difensiva. Ma a prescindere dall’atto in sé, dalle motivazioni private, dalla persona, ci interessa mettere in luce come l’atto di oggi sia sintomo di un diffuso disagio sociale, frutto di anni di tagli, di disoccupazione a livelli impensabili, di assenza di prospettive future per la maggior parte della popolazione, di sfiducia complessiva nei confronti di questo sistema politico. Chiunque di noi conosce bene questi sentimenti, conosce la disperazione che sta montando tra i giovani, tra i lavoratori, tra quanti hanno perso in questi mesi il posto di lavoro.
Centinaia di persone in questi mesi si sono tolte la vita perché oppresse dalla loro condizione, una strage silenziosa che giornali e televisioni hanno solo menzionato. Ieri una manifestazione di lavoratori a Palermo è stata repressa con spari ad altezza d’uomo contro lavoratori che protestavano per la perdita del proprio posto di lavoro. A chi oggi si interroga sulle ragioni di un gesto chiediamo: cosa vi aspettavate che sarebbe accaduto?
Come comunisti sappiamo che la vera violenza non è quella di un atto di disperazione, ma quella che conduce a questo atto. Ma sappiamo anche che un gesto individuale non cambia le cose, anzi le peggiora. Che da domani la repressione sarà ancora più forte, le contromisure adottate non saranno certo il mutamento delle politiche imposte dai poteri forti, ma l’inasprimento delle misure di sicurezza a tutela del sistema, la lotta contro le giuste proteste dei lavoratori, degli studenti, dei disoccupati.
A tutti coloro che oggi sentono sulla loro pelle l’ingiustizia di questo sistema, il peso della propria condizione, diciamo che la strada da intraprendere è quella della lotta, fuggendo dalla tentazione di adottare iniziative individuali di questo tipo, che producono solo il peggioramento ulteriore della nostra condizione. Il sistema si combatte organizzandosi, rovesciando i rapporti di classe esistenti, conquistando sempre maggiori consensi alla causa del socialismo, nelle scuole, nelle facoltà, nei posti di lavoro, nei quartieri. La storia ci ha insegnato che ogni tentativo intrapreso in altre direzioni è stato sconfitto senza appello, che la storia si cambia solo quando l’ideale di cambiamento supera la dimensione individuale, per quanto radicale essa sia, e acquisisce natura di massa.