SULLO SCIOPERO GENERALE E SULLA MANIFESTAZIONE DEL 19 OTTOBRE.

Prevedibile e puntuale come spesso accade è partita la campagna politica e mediatica di diffamazione, strumentalizzazione e copertura dello sciopero generale del 18 ottobre e dei temi che hanno motivato la manifestazione del 19 ottobre, ridotta come spesso accade a mera questione di ordine pubblico.  Un clima di attesa enfatizzato per settimane, fatto da previsioni apocalittiche, sistematica copertura mediatica delle ragioni politiche dello sciopero generale e della manifestazione del 19.

Il 18 ottobre il primo sciopero generale contro il governo Letta-Alfano ha visto in piazza un primo ed importante momento unitario di larga parte del sindacalismo di base. Lo sciopero ha registrato in molti settori produttivi percentuali di adesione importanti. In piazza a Roma erano presenti rappresentanze delle lotte sul lavoro più significative in Italia. Dall’Ilva di Taranto, al comparto FIAT, all’Alitalia, alle telecomunicazioni, ai lavoratori della scuola e della pubblica amministrazione, alla logistica, passando per i vigili del fuoco. 

Il dato dei trasporti è forse quello più significativo: il 100% dei mezzi di trasporto fermi a Pisa; 90% a Terni; 80% a Bologna; 65% a Ferrara; 70% a Reggio Emilia; a Venezia ha scioperato l’81% del personale nel trasporto automobilistico ed il 70% di quello marittimo; il 70% a Torino e provincia ha incrociato le braccia; a Milano metro chiusa e bus fermi al 75%; 50% a Trieste; 40% a Gorizia; 45% a Livorno; si è fermato il 70% dei mezzi nel tpl regionale della Sicilia ed il 40% nella Calabria; 45% nelle Marche. In Emilia Romagna è bloccato il 95% del trasporto merci e 75% di quello passeggeri delle ferrovie regionali. A Roma lo sciopero dei trasporti ha registrato il 65% delle adesioni.

Importante è stata la partecipazione dei comitati di lotta degli immigrati, in un momento come questo dove è più necessario che mai legare le lotte dei lavoratori italiani a quelle dei lavoratori immigrati, evitando la spirale di lotta tra poveri innescata dal padronato. Tutto questo non è stato detto in nessun telegiornale, se non nella forma del disagio arrecato per lo sciopero. In molti casi lo spazio dedicato a questa importante giornata di lotta è stato concesso solo come notizia di lancio dell’attesa di “scontri, saccheggi e devastazioni” del giorno seguente.

Come Fronte della Gioventù Comunista eravamo pienamente coscienti di questo rischio, e giudicando essenziale la convocazione dello sciopero generale abbiamo deciso di promuovere per il 18 ottobre una vasta mobilitazione, scendendo in piazza a Roma con i nostri giovani lavoratori e con gli studenti medi e gli universitari, con significative presenze dei compagni del resto d’Italia, partecipando allo stesso tempo alla mobilitazione del 19 ottobre.

Non accettiamo la riduzione del 18 e 19 ottobre a questione di ordine pubblico. La centralità del conflitto capitale-lavoro è oggi chiara e lampante, di fronte all’impoverimento generale, alla disoccupazione, a cui fa da contraltare l’aumento dell’accumulazione del profitto in mano privata. Il capitalismo difende il profitto privato, la proprietà privata dei mezzi di produzione, ma non è in grado di assicurare  beni essenziali, come la casa, a milioni di persone.  Allo stesso tempo assistiamo alla gestione delle grandi opere pubbliche, finanziate con miliardi di euro per arricchire i soliti gruppi monopolistici, a costo di tagli ai settori sociali, a diritti come la sanità e l’istruzione. Tutto ciò ha come unico responsabile questo modello di sistema, è contro di esso che è necessario combattere, senza cercare obiettivi parziali.

È per questo che il nostro compito come comunisti oggi è lavorare per far avanzare le rivendicazioni dal livello economico immediato a quello politico, combattendo alcune parole d’ordine sbagliate purtroppo ancora largamente presenti e diffuse tra le masse, una errata individuazione dei responsabili dell’attuale condizione economica, e di conseguenza la diffusione di parole d’ordine ed obiettivi parziali, se non completamente fuorvianti. Siamo convinti che in questo processo abbia ancora la sua centralità la questione del lavoro, che la parola d’ordine della gestione diretta dei lavoratori delle aziende sia l’elemento dirompente dell’attuale fase di disimpegno del capitale da importanti settori economici del paese.

Il sistema è perfettamente in grado di gestire un’esplosione controllata della conflittualità sociale nella forma della protesta di piazza, per quanto violenta essa possa diventare. Ciò che cambia realmente le cose è la presenza di questo conflitto nelle fabbriche, nei posti di lavoro, nei luoghi di studio; l’avanzamento delle rivendicazioni da un lato semplicemente economico a quello politico, come messa in discussione del sistema nel suo complesso, dell’espropriazione del profitto nei luoghi di lavoro, della cultura di istruzione funzionale alla creazione di futuri lavoratori precari e sfruttati nei luoghi di studio. Senza questo processo tutto resta vano.

Il capitalismo non è in grado di offrire soluzioni ai problemi del popolo, ha esaurito i suoi limiti storici, è un sistema di sfruttamento marcio che non può essere corretto. La lotta dei popoli sarà efficace solo nella misura in cui essa si dirige verso il rovesciamento di questo sistema

COMITATO CENTRALE DEL FRONTE DELLA GIOVENTU’ COMUNISTA.

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