OLTRE 80% PER IL NO. DAI GIOVANI SCHIAFFO A RENZI, UE E CONFINDUSTRIA
Il risultato del referendum costituzionale ha segnato a livello giovanile una sconfitta ancora più dura per Renzi ed il suo governo. Alcune stime attestano all’81% il no tra i giovani: un no ad una riforma che sarebbe andata a rafforzare gli interessi del grande capitale, un no alla forza politica in questo momento più conseguente a quegli interessi, un no alle politiche antipopolari imposte dall’Unione Europea e all’idea che queste potessero andare avanti senza intoppi con il “pilota automatico”. Un dato, questo del voto giovanile, che smonta in partenza ogni tentativo di affibbiare la responsabilità del risultato ai “vecchi” ignoranti e retrogradi come è stato fatto sulla Brexit, e che è indice di un rifiuto netto per un governo ed un sistema di potere che hanno colpito duramente le condizioni di vita della gioventù proletaria in Italia, con riforme come Jobs Act e Buona Scuola. Un rifiuto che arriva nonostante mesi di terrorismo mediatico sui possibili effetti di questo rifiuto e con un’affluenza estremamente elevata considerando anche l’aspetto tecnico della riforma mai spiegato adeguatamente durante la campagna referendaria.
Il Fronte della Gioventù Comunista valuta in maniera positiva questo risultato, soprattutto a livello giovanile, che rimanda al mittente una riforma targata UE e Confindustria. Con orgoglio sottolineiamo il lavoro di propaganda per il no svolto dai nostri militanti e simpatizzanti nelle scuole, nelle università e tra i giovani lavoratori. Per quanto positivo, questo risultato di per sé non cambia l’assetto politico-istituzionale del paese, né cancella le precedenti modifiche apportate alla costituzione, come l’introduzione del pareggio di bilancio e la riforma del Titolo V (approvate con il sostegno del PD, ma anche di gran parte delle forze attualmente schieratesi per il “no”). Il risultato referendario vede, inoltre, il rafforzamento di forze politiche come M5S, Lega e FdI, che sicuramente non rappresentano gli interessi dei lavoratori e della gioventù. E’ nostro dovere, quindi, sgomberare il campo da qualsiasi illusione. Le peggiori misure antipopolari, volte a garantire il profitto delle grandi imprese a scapito delle condizioni di vita e di lavoro – sempre più dure specie per i giovani –, l’asservimento della scuola e dell’università alle esigenze del grande capitale e l’imposizione di barriere economiche e di classe all’accesso all’istruzione e ai diritti sociali più basilari, sono stati possibili con l’attuale Costituzione, che non ha mai visto applicate le sue parti più avanzate e che non costituisce di per sé un argine al costante attacco delle classi dominanti. Anche le dimissioni di Renzi (che però vedono il PD a guida Renzi affermarsi come forza di maggioranza relativa) non porteranno a nessuna “inversione di rotta” né sulla natura di classe delle politiche del prossimo governo, né tantomeno sulle misure antipopolari imposte in questi anni e sulla compromissione con l’indirizzo economico di UE, BCE e FMI. La storia recente del nostro paese – che ha visto alternarsi governi di centro sinistra, centro destra, tecnici e di “unità nazionale” – lo dimostra chiaramente: ogni governo, che sia “tecnico” o politico, è sempre stato subalterno agli interessi delle grandi industrie e della finanza e alle direttive di UE e Nato; e continuerà ad esserlo finché un ribaltamento dei rapporti di forza in favore delle classi popolari non renderà possibile una rottura totale con il potere del grande capitale.
In questo scenario ci spetta quindi un compito difficile, e la strada è ancora tutta in salita. Sta a noi continuare, a partire dalla consapevolezza delle condizioni in cui ci troviamo, a stare in prima linea nelle lotte della gioventù proletaria. Continueremo a lottare contro tutte le misure antipopolari come Jobs Act e Buona Scuola che non vengono cancellate dal referendum, così come contro ogni nuova misura che proveranno ad imporci. Sta a noi trasformare l’insofferenza mostrata da una grande maggioranza della gioventù nei confronti dello stato di cose presenti con questo 81% per il no in una compiuta coscienza di classe, sta a noi spingere ancora di più sull’acceleratore della ricostruzione comunista per dare organizzazione e costruire un’azione di rottura con il sistema di potere del capitale.