SCIOPERO GENERALE IL 16 DICEMBRE. Accendiamo il fuoco della lotta di classe!
Lo sciopero generale rappresenta da mesi una necessità inderogabile per milioni di lavoratori colpiti dall’offensiva padronale, dalle politiche antipopolari del governo, da licenziamenti e attacco ai diritti. Lo scoppio della pandemia, che ha accelerato la crisi economica, ha permesso ai padroni e ai governi che ne hanno garantito gli interessi di articolare un processo di riorganizzazione della produzione, finalizzato a massimizzare i profitti scaricando i costi sui lavoratori, attraverso licenziamenti e la revisione delle forme contrattuali nella direzione di un’ulteriore precarizzazione. Dall’inizio di questo processo abbiamo individuato la parola d’ordine dello sciopero generale come prospettiva necessaria e fondamentale attorno a cui strutturare la difesa e il contrattacco dei lavoratori. Un presupposto inderogabile su cui fondare una più complessiva opposizione di classe ai rapporti di produzione vigenti e al sistema economico in cui viviamo.
La proclamazione dello sciopero generale da parte della CGIL e della UIL arriva in maniera tardiva, a giochi ormai praticamente chiusi su una legge di Bilancio che sarà strumentale al processo di ristrutturazione capitalistica in atto. La manovra sarà funzionale a scaricare ulteriormente i costi della crisi sulle spalle dei lavoratori e degli strati popolari, garantendo i profitti dei padroni, con interventi, specie su fisco e pensioni, che incrementeranno le diseguaglianze. Gli scaglioni dell’IRPEF saranno rimodulati in maniera da avvantaggiare i redditi più alti. Il Governo arriva a prospettare una graduale abolizione dell’IRAP, imposta che riguarda le attività produttive attraverso cui viene finanziata la sanità pubblica, già colpita da politiche decennali di smantellamento e privatizzazione, e il cui finanziamento verrà ulteriormente scaricato sulla fiscalità generale, ovvero sulle spalle dei lavoratori e degli strati popolari.
Un’altra accelerazione a un processo che si sviluppa da mesi. Le dirigenze nazionali dei sindacati confederali hanno la responsabilità di non aver risposto all’attacco padronale e di non aver preparato i presupposti per uno sciopero generale in grado di bloccare realmente il paese. Hanno colpevolmente promosso la linea della pace sociale, lasciando i lavoratori alla mercé dei loro sfruttatori. Tutt’oggi proclamano lo sciopero generale con modalità che ne indeboliscono le potenzialità. La convocazione avviene pochi giorni prima della data individuata, senza alcun reale processo di costruzione dello sciopero, senza rivendicazioni chiare, arrivando ad elogiare l’operato del Governo e di Draghi contestualmente alla stessa proclamazione. Appare fortemente dubbio, inoltre, che le dirigenze di CGIL e UIL fossero all’oscuro delle motivazioni che hanno portato la commissione di Garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali a richiedere una riprogrammazione dello stesso e che ha già determinato la revoca per le categorie su cui vi è stato lo stop dell’autorità garante.
La condotta delle dirigenze nazionali dei sindacati confederali non ci stupisce. Tra proclamare uno sciopero e adoperarsi affinché riesca e raggiunga i propri risultati la differenza è sostanziale. Le modalità con cui si è giunti a questa convocazione lasciano credere che lo sciopero, nelle idee dei dirigenti nazionali che continuano ad elogiare convintamente l’operato di Draghi, sia funzionale da un lato a ritagliarsi uno spazio di interlocuzione e esistenza politica, in una fase in cui questa è stata fatta venire meno dallo stesso Governo, dall’altro a dare una risposta di facciata alle innumerevoli sollecitazioni interne provenute dagli iscritti più combattivi, in questi mesi impegnati in durissime vertenze.
Lo sdegno unanime delle forze politiche di governo e in parlamento, che rappresentano gli interessi padronali, non deve trarre in inganno. Non sono tanto la CGIL e la UIL a destare preoccupazione, quanto la prospettiva che i lavoratori possano assumere la consapevolezza che esiste un’alternativa tra l’elemosina delle briciole e la passiva rassegnazione dinnanzi all’attacco padronale, andando oltre l’immobilismo e la pace sociale promossa dalle dirigenze nazionali dei sindacati confederali, come avviene già in diverse vertenze in tutto il paese che, però, vivono una condizione di limitante isolamento. È a partire da questo dato che i comunisti e i settori più avanzati della classe operaia devono indirizzare la loro azione.
Riteniamo di centrale importanza lavorare attivamente per superare questa condizione di isolamento, anche in contesti come quello del 16 dicembre. A fronte di un’offensiva antioperaia di portata epocale, oggi il movimento dei lavoratori sconta una condizione di forte arretramento, dovuta anche alla condotta decennale delle dirigenze dei sindacati confederali, che ha determinato, salvo in poche circoscritte situazioni caratterizzate dalla presenza e dal ruolo attivo di avanguardie operaie, una sostanziale incapacità di risposta nello scontro di classe in atto. Le manifestazioni e gli scioperi svoltisi negli ultimi mesi, che hanno avuto l’incontestabile merito di mantenere aperta la prospettiva di un’opposizione di classe all’attacco padronale e alle politiche antipopolari dei governi, pur riuscendo a mobilitare decine di migliaia di lavoratori hanno riscontrato una concreta difficoltà a produrre un allargamento reale capace di andare oltre i settori più combattivi della classe operaia.
Lo sciopero del 16 dicembre, anche in virtù di una maggiore proiezione mediatica, potrebbe vedere una consistente adesione da parte di migliaia di lavoratori che in questi mesi hanno subito gli effetti della gestione padronale della crisi economica senza la possibilità di organizzarsi e mobilitarsi. Le componenti più avanzate della classe operaia devono segnare il passo e andare incontro a questi lavoratori. È nostro compito cercare di intercettare settori quanto più ampi della classe operaia, superare l’isolamento che vivono i lavoratori più combattivi, denunciare la condotta delle dirigenze dei sindacati confederali, porre con forza la possibilità di costruire una reale opposizione di classe al governo e alle politiche antioperaie.
Specie a fronte dell’impostazione data dalle dirigenze sindacali, che hanno proclamato lo sciopero senza un processo reale di costruzione dello stesso e senza porre degli elementi di rivendicazioni chiari e riconoscibili, bisogna affermare la necessità di intendere lo sciopero come strumentale a un fine, facendo in modo che non si limiti alla contrapposizione tardiva a singole previsioni all’interno di una legge di Bilancio. Il 16 dicembre rappresenta un’occasione per costruire un’interlocuzione con migliaia di lavoratori, fare luce sul percorso di ristrutturazione capitalistica in atto, chiarire come questo sia finalizzato a una riorganizzazione della produzione funzionale ad aumentare i profitti dei padroni scaricando i costi sulle spalle di chi lavora e come l’unica reale risposta a questo processo possa passare dall’organizzazione, dalla rottura dell’isolamento vissuto dagli operai impegnati in durissime vertenze, dalla denuncia e dal superamento della “pace sociale” praticata dalle dirigenze sindacali.
Sta ai settori più combattivi della classe operaia, a chi da mesi è in prima linea nel contrastare l’attacco padronale, cercare di generalizzare il più possibile questo sciopero. Ci sono migliaia di lavoratori, colpiti dalle politiche antipopolari del governo, che da mesi vengono disarmati e abbandonati dalle dirigenze sindacali. È a loro che bisogna rivolgersi, denunciando la stessa condotta di chi, come Landini e Bombardieri, oggi vorrebbe vendersi come interessato ai diritti dei lavoratori, salvo aver mandato rassicurazioni a Confindustria e ai governi succedutisi per mesi. L’unica vera opposizione all’offensiva padronale e al Governo Draghi può nascere dall’organizzazione dei lavoratori e degli strati popolari!
Il 16 dicembre sciopereremo e invitiamo tutti i lavoratori a farlo, a scendere in piazza, a stringersi attorno alle esperienze più combattive di lotta dei lavoratori, a interpretare questa data come un momento utile a porre le basi a una reale risposta operaia all’attacco dei padroni e alle politiche antipopolari del governo. Organizzare la lotta in ogni fabbrica, quartiere, scuola, città.