SULLA DETENZIONE DI KHALED EL QAISI IN ISRAELE. Dichiarazione della Segreteria Nazionale del FGC
La segreteria nazionale del FGC condanna e ritiene inaccettabili l’arresto e l’ingiusta detenzione di Khaled El Qaisi, giovane studente di cittadinanza italiana e palestinese, da parte dello Stato di Israele. Esprimiamo solidarietà alla famiglia ed esigiamo che il governo italiano metta in atto tutte le pressioni necessarie per riportare Khaled a casa, dai propri famigliari e dal proprio figlio.
Negli scorsi giorni abbiamo promosso e sostenuto l’organizzazione dell’assemblea pubblica all’Università La Sapienza nella giornata di venerdì 15 settembre. Continueremo a batterci al loro fianco, nei modi e tempi che si riterranno opportuni, per chiedere la libertà di Khaled e la fine della sua detenzione.
Denunciamo l’ipocrisia, i silenzi e i tentennamenti da parte delle istituzioni italiane e della stampa nazionale. Ad oggi, sebbene la vicenda sia stata riportata – con ritardo e timidezze – sui mezzi di informazione nazionali, è impossibile non notare il silenzio del Ministero degli Affari Esteri, così come la notevole disparità nella condotta tenuta dai media se confrontata con altri casi simili.
È significativa e preoccupante la dichiarazione rilasciata dai vertici dell’Università “La Sapienza” di Roma, che si è limitata ad “auspicare una rapida e pacifica soluzione della vicenda che vede coinvolto lo studente”. Uno scarno comunicato che evita accuratamente di nominare lo Stato di Israele e, soprattutto, non richiede la fine della detenzione di Khaled, nonostante questa sia contraria a tutti i principi di garanzia dei diritti civili e politici riconosciuti in Italia e a livello internazionale.
Khaled è un cittadino italiano per nascita, che dal 31 agosto si trova detenuto dalle autorità israeliane in seguito al suo arresto al vallo di frontiera di Allenby, mentre tornava in Italia dopo un soggiorno a Betlemme con la propria famiglia. A tutt’oggi è detenuto senza alcuna accusa formulata, mentre viene sottoposto a continui interrogatori, dopo due settimane in cui gli è stato impedito di avere contatti con un avvocato. È degno di nota che, durante l’arresto, alla moglie Francesca sono state rivolte domande sull’orientamento politico di Khaled. Per questo, è ancor più inaccettabile la condotta delle istituzioni italiane, dinanzi al caso di un giovane cittadino italiano che rischia seriamente di ritrovarsi prigioniero politico in Israele, così come lo sono oggi altri 4900 palestinesi.
L’ipocrisia mostrata fino ad oggi da autorità e istituzioni italiane dimostra l’enorme tolleranza che, per ragioni di interesse economico e di politica internazionale, viene garantita dai governi europei allo Stato di Israele, celebrato arbitrariamente come “l’unica democrazia in Medio Oriente”, mentre impone un regime di apartheid fatto di prigionieri politici, torture, uccisioni e persino processi ai minori nei tribunali militari.
Proprio perché conosciamo questa ipocrisia, riteniamo necessario che in tutta Italia si costruisca una grande campagna politica e di informazione, per portare la vicenda all’attenzione dell’opinione pubblica, esercitare la massima pressione possibile e imporre al governo italiano di lavorare realmente per la liberazione di Khaled.
Sarà necessaria un’ampia mobilitazione di forze, dalle organizzazioni politiche e sociali alle personalità accademiche e ai personaggi pubblici.
Le forze della gioventù comunista sono a disposizione e saranno parte attiva di questa mobilitazione, nel rispetto dei tempi e delle modalità che saranno richieste dalla famiglia e dai legali.